di Lucilla Incorvati
A dare un’impennata al crowdinvesting italiano (sottoscrizione di capitale di rischio su piattaforme digitali) potrebbe arrivare quella voglia di diversificare in asset alternativi che hanno i clienti private. Perché in un contesto di bassi tassi d’interesse diventa sempre più strategico avere soluzioni innovative.
Quello italiano è un mercato in espansione (è passato dai 5 milioni del 2016 agli oltre 60 milioni nel 2019, dati dell’Osservatorio Crowdinvesting del PoliMi) posizionandosi a livelli di Francia e Germania ma certo ancora lontano da quelli del Regno Unito (oltre 400 milioni di euro). È anche molto concentrato: su 20 piattaforme i primi 5 operatori raccolgono circa il 70% del totale. E se a livello europeo, alcune piattaforme si sono focalizzate sulla clientela Hnwi per finanziare progetti imprenditoriali, anche sotto forma di club deal, in Italia, si assiste ad un’intensificazione delle partership tra operatori private e le maggiori piattaforme. Come quella di Azimut con Mamacrowd, nata nel 2013, oppure quella tra Fideuram Intesa PB con Backtowork che tra le altre ha massicciamente contribuito alla raccolta più proficua di sempre fatta su piattaforma (e-Novia nel marzo scorso: in un mese sono stati raccolti 8 milioni di euro).
C’è poi la piattaforma di ClubdealOnline che collabora con BancaSella e Sparkasse. Il modello è phygital, cioè le società vengono presentate tramite roadshow mirati sul territorio (ora solo via webinar) mentre gli investimenti sono poi perfezionati tramite la piattaforma digitale. L’accesso è riservato a un selezionato gruppo di high net worth individuals e family office che versano una fee di ingresso annuale. Per questo motivo ClubDealOnline si definisce Private Crowdfunding.
«Il gradimento delle private bank c’è perché siamo sia una fabbrica prodotto in grado di scovare le aziende migliori nel non quotato sia un canale distributivo digitale che consente un investimento in modo semplice, meno onoroso e accessibile ad un pubblico ampio – sottolinea Dario Giudici, Ceo di Mamacrowd, la più importante piattaforma di equity crowdfunding con 15,8 milioni di adesioni e 85mila utenti registrati nel 2 0 20 . – Tra questi c’è il target dei soggetti affluent, poco servito e scarsamente coperto dalle private bank
perché ha costi marginali molto elevati ma che interessa raggiungere perché molto ampio numericamente. Senza trascurare il gradimento dei millenials. A questo si aggiungano anche i vantaggi fiscali consentiti alle persone fisiche che investono anche tramite piattaforme in start up e Pmi innovative (pari al 50% in termini di detrazione d’imposta), oltre alla possibilità di inserire questi investimenti in un contenitore fiscale come può essere il Pir box». Ovviamente, il tutto dentro un sistema regolato secondo la normativa Mifid (il clienti si profila in piattaforma che ne verifica l’appropriatezza del cliente all’investimento, ndr) seppure con una procedura molto semplificata.
«Il potenziale dell’industria è piuttosto elevato – fa eco Cristina Catania, Partner McKinsey & Company -. In Europa, secondo la McKinsey Private Banking Survey, il totale degli AuM in investimenti alternativi nei portafogli del private banking è cresciuto a un tasso medio annuo dell’8 % negli ultimi 5 anni, arrivando a pesare quasi il 10% del totale. Ciò si traduce in uno stock di investimenti alternativi di circa 600 miliardi di euro (dati 2020), a cui il crowdinvesting potrebbe iniziare ad attingere».
Secondo l’esperta, per poter diventare a tutti gli effetti delle controparti affidabili e durature per l’industria private, le piattaforme di crowdinvesting dovranno sviluppare alcune funzionalità. Prima tra tutte, istituire un team di professionisti a presidio del processo di selezione dell’investimento, che possa fornire un supporto specialistico ai clienti, nonché assicurare un regolare monitoraggio dell’investimento e produrre una reportistica chiara e trasparente. «Le piattaforme, inoltre – aggiunge Catania – dovranno essere in grado di stabilire forti connessioni con le aziende finanziate al fine di garantire all’investitore la coerenza delle iniziative con i piani presentati. Inoltre, è importante anche un framework normativo armonizzato a protezione degli investitori, auspicabile con l’arrivo del regolamento varato dalla Ue che introduce standard di trasparenza a tutela dell’investitore».
Per chi è in cerca di buone scommesse nell’economia reale non c’è però solo il crowdfunding. «I clienti private di fascia alta (Hnwi) sono continuamente alla ricerca di opportunità di investimento, sia in strategie liquide sia su real asset – aggiunge Federico Taddei, direttore private banking Ersel -. Molti di questi clienti sono professionisti o imprenditori, tipicamente abituati a valutare anche iniziative che non hanno un prezzo (e quindi una valorizzazione) giornaliera e hanno piacere di poter fare investimenti diretti, non mediati da fondi di venture capital.In questo senso, lo sviluppo delle tecnologie ricopre un doppio ruolo: oltre a essere spesso alla base del modello di business di queste iniziative, costituisce per queste ultime un facilitatore delle modalità di raccolta dei capitali finalizzati a supportarle».
Il Gruppo Ersel è da sempre vicino – in ottica di “boutique” – agli imprenditori e al mondo dell’innovazione e de startup. «Negli ultimi 24 mesi abbiamo incrociato moltissime iniziative e, per una decina di queste (appartenenti ai settori medicale, biotecnologie, mobilità “moderna”, aerospace, energie rinnovabili, fintech)- conclude Taddei – abbiamo abilitato, in veste di club deal, l’avvicinamento con un centinaio di gruppi famigliari, anche grazie al mix di competenze legali e fiscali specifiche in ambito startup e club deal dei professionisti di Simon Fiduciaria, la fiduciaria di Gruppo».